giovedì 27 maggio 2010

Cosa non si dice quando si parla di intercettazioni

Un paradosso, una premessa ed un riepilogo. E poi la riflessione su quello che manca.


Il paradosso è che il dibattito culturale sulle intercettazioni si fa più intenso proprio ora che il Governo sembra aver fatto marcia indietro. (O forse no.)
La premessa è che questo dibattito tratta la questione come se vivessimo in un altro Paese, e come se le intenzioni del governo non fossero molto più semplici: complicare le cose a chi indaga sugli intrecci illegali fra politica e affari, e se anche salta fuori qualcosa che almeno lo si tenga segreto così, tra trasferimento degli atti e prescrizioni, c'è sempre una speranza di cavarsela senza dover rendere conto all'opinione pubblica.
Il riepilogo infine è questo: Gilioli attacca Cundari (e attraverso lui D'Alema) in modo un pò sbrigativo per le posizioni espresse nel suo blog, Cundari replica, si aggrega Stella sul Corriere a cui controreplica sempre Cundari, e per finire Francesco Costa non si lascia sfuggire l'occasione di bastonare Gilioli per uno dei suoi eccessi "giustizialisti". Se proprio non bastasse, il Post propone altri commenti di contorno. 


Le argomentazioni suonano anche intelligenti, e dire che 
Non stiamo parlando di niente di diverso da Giovanardi che fa controlli antidroga a sorpresa nei bagni pubblici e nei bicchieri abbandonati per poi pubblicarli sui giornali. Non stiamo parlando di niente di diverso da un primario ciellino che pubblica sul giornale i nomi di chi ha abortito. 
 è sicuramente una frase ad effetto. Ma non c'entra una mazza. 


Il punto è che, tanto per cambiare, si fa confusione fra rilevanza penale e rilevanza sociale.


E' una confusione abituale, in un'Italia in cui parti opposte hanno fatto coincidere la responsabilità politica con quella penale, in senso punitivo (per cui i pregiudicati non dovrebbero essere candidabili: ma perchè?!) o in senso assolutorio (per cui un Andreotti non viene chiamato a rispondere delle proprie responsabilità politiche nel malaffare siciliano perchè un tribunale lo ha scagionato da responsabilità penali: embeh?!)
Ed è una confusione più giustificata in questo caso che in altri, dato che si tratta di operazioni disposte solo dalla magistratura, e solo per casi di rilevanza penale.


Ma una volta che le intercettazioni sono state compiute, la loro pubblicazione non è più questione di interesse giudiziario, ma sociale. E sono due principi che non hanno niente a che vedere l'uno con l'altro.


Se una persona accusata di aver ucciso la  moglie viene intercettata mentre se ne vanta con gli amici, non c'è un interesse sociale che giustifichi la pubblicazione a scapito della presunzione d'innocenza. L'unico interesse pubblico riguarda l'individuazione e la condanna del colpevole, e la collettività affida la tutela di questo interesse alla magistratura. Punto.
(L'eventuale interesse pubblico da tutelare riguarderebbe le persone in contatto con il sospettato e a rischio di diventare la sua prossima vittima, ma questo rischio è disciplinato dall'eventuale custodia cautelare)


Se invece il Governatore della Banca d'Italia viene intercettato mentre viene meno al proprio ruolo e distorce la concorrenza, il pubblico ha diritto di saperlo. E ce l'ha anche se alla fine il suo comportamento non configurasse un reato: ha diritto di saperlo chi lo ha eletto, perchè lo ha fatto per affidargli un mandato di arbitro imparziale che in quel momento viene tradito; e ha diritto di saperlo l'intera comunità finanziaria, dagli operatori ai clienti, perchè quel comportamento compromette i loro interessi.


Allo stesso modo, se un politico che è sceso in piazza al Family Day, ha chiesto voti per difendere la famiglia tradizionale e sta preparando un disegno di legge contro la prostituzione, viene intercettato mentre commenta le prestazioni della sera prima con una mignotta, il pubblico ha diritto di saperlo. E quel diritto ce l'hanno per primi i suoi elettori.


Poi è evidente che non è per questo che si richiedono le intercettazioni. Ma nel momento in cui un'operazione di rilevanza penale fa emergere elementi di rilevanza sociale, è giusto che questi vengano condivisi.


(E no, il fatto che una donna qualsiasi abbia abortito non è una notizia di rilevanza sociale. E ci arriva chiunque sia in buona fede e non sia Giovanardi.)

Found

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(Chi non avesse visto l'ultima puntata non si preoccupi, non e' uno spoiler. Ma se siete paranoici, e vi capisco, evitate di leggere oltre.)

La fine e' meravigliosa, e banale. Perche' alla fine era la loro storia: una storia di persone. 

Tutto il resto, l'Isola, Dharma, gli orsi polari, non e' che non contassero, come dice qualcuno. Non erano un modo per divagare, tirarla in lungo e coglionare gli spettatori. 
Erano il contesto, e qualcosa di piu': senza quel contesto, quello li', non ci sarebbe stata la crescita, la formazione. E Lost e' innanzitutto un romanzo di formazione.
Di persone sole, che si erano perse. E che alla fine si sono ritrovate, insieme.


Cosa rimane dopo The End?
Sicuramente una televisione diversa dal 2004. Lost ne ha rilanciato le ambizioni, e le ha consegnato una parola, "epica", che fino a quel momento era stata patrimonio della letteratura e del cinema.

Ma si tratta solo di questo, di televisione?
Altre serie hanno avuto un impatto ben piu' significativo nel mondo reale: da alcuni anni i procuratori americani si lamentano dell'effetto-CSI, ovvero della renitenza delle giurie popolari a condannare qualcuno in assenza di prove scientifiche schiaccianti; 24 ha giustificato un approccio Cheneyano al terrorismo e ad alcuni temi ad esso collegati, come la tortura, ma ha anche preparato il terreno per l'elezione di un Presidente nero.

Ecco, nonostante questo, nonostante siano state in grado di cambiare qualcosina del mondo fuori dallo scatolotto televisivo, CSI e 24 sono soltanto quello: televisione. Con il proprio spin-off nel mondo dei videogame, e poco altro.  
Non hanno un popolo. Lost ce l'ha.


E torniamo a quello: Lost e' una storia di persone. 
I Losties, che hanno fatto Lost dentro lo schermo. E noi, che lo abbiamo fatto fuori.

E allora, la riflessione di The End tocca anche a noi: cos'abbiamo imparato da Lost? Cosa ci hanno lasciato quelle ore passate a discuterne, a leggere, a scrivere, a ricostruire, a speculare? 

Lost e' stato la nostra isola?

Forse e' stato soprattutto questo. Io credo che sia vero che alcuni elementi di queste sei stagioni non fossero necessari per la salvezza dei Losties.
Ma lo erano per la nostra. Per il nostro romanzo di formazione.
Di noi che siamo spesso soli, e persi. E che abbiamo ricevuto alcuni attimi in cui ci siamo ritrovati. Insieme.


venerdì 21 maggio 2010

Aridaje

Pd Open by PDnetwork.

Arrivo in ritardo nella discussione riguardo la comunicazione dell'iniziativa su cui Bersani tanto punta per rilanciare il PD nell'agenda politica italiana, e su cui ha incentrato questi due giorni di direzione, PdOpen.
Le reazioni principali sono raccolte sul Post (qui e qui), a cui sono aggiunte una nota di Civati e gli spari sulla Croce Rossa di Damilano.
Tutte reazioni fin troppo ragionevoli, ma mi sembra che su almeno tre questioni non colgano il punto:

Il nome
Che sia inglese mi scandalizza poco, almeno è più comprensibile di "I Care". Il punto è che è, come dire, triste.Non trovo un modo migliore per dirlo. O meglio, ci sarebbe una parola migliore per descrivo, ma per ironia della sorte è inglese: "lame". 
E c'è una considerazione di fondo che va trapanata nelle teste di chiunque si occupi di comunicazione: "don't tell me you're funny, tell me a joke". Se vuoi dire che sei un partito aperto, non devi necessariamente usare la parola "open". Devi darti uno slogan aperto. 
(Uno dei migliori payoff mai approvati da una banca, che resta ancora un mio rimpianto professionale, era: "Passa quando vuoi").

Gli annunci
"Università e ricerca. Ultimo appello". 
"Green Economy. In italiano: un affare pulito." 
"Etica pubblica: nelle favole la morale arriva alla fine, in politica all'inizio". (E a seguire qui)
Sono carini? Forse, magari. Ma non significano un cazzo. Zero. Nada.
La comunicazione politica ha molte ambizioni, e per avere qualche chance di soddisfarle le headline devono essere semplici e indicare una direzione verso cui costruire consenso. Il problema dei giochi di parole è che per definizione non sono immediati, e vanno usati con cautela. Quando poi non vogliono dire niente, non si capisce nemmeno perchè usarli.
Poi io capisco anche che al momento non ci siano punti programmatici definiti: il percorso che si apre con PDopen serve appunto a questo, a definirli. Ma allora perchè fare una comunicazione di programma? Se l'idea è il percorso, fai una comunicazione sul percorso. Su un partito che ti invita a raccontare l'Italia che vorresti fra 5 anni. Se no stai zitto finchè non hai in mano qualcosa da dire.

Il sondaggio
Quello di cui si parla qui. Ora, non mi sembra scandaloso che il PD commissioni un sondaggio per capire di che immagine goda presso gli italiani, mi sembrerebbe strano non farlo.
Quello che mi lascia esterrefatto è che si sorprendano di risultare "schiacciati sulla conservazione". 
Ma su che pianeta vivono?!
Ma da un partito che è nato per mettere insieme due anime della politica del secolo scorso, e il cui segretario ha vinto il congresso con lo slogan "dare un senso a questa Storia", cos'altro potevano aspettarsi?!?!

Poi uno dice "i professionisti della politica"...


Update: ecco, scusa, mancavo questo. Appunto.