lunedì 17 ottobre 2011

Questione di distanze

Nota a distanza sulla manifestazione di Roma, e conseguenti casini: non c'era niente di imprevedibile.
Quello che ancora mi sorprende, ma si vede che sono fesso io, sono le reazioni di chi chiede ai manifestanti di "prendere le distanze" dai violenti. Reazioni distribuite un po' ovunque, ma soprattutto a sinistra, dato che la destra piu' cialtrona non fa differenze fra manifestanti e violenti, e quindi non sta a porsi il problema. E almeno in questo e' intellettualmente piu' onesta (pensa te...)

Chiariamoci una volta per tutte: chiedere di "prendere le distanze dai violenti" e' una richiesta inammissibile perche' implica una continuita' fra chi scende in piazza pacificamente e chi li' di fianco si mette a sfasciare vetrine. E non e' questo il caso di Roma. Ha ragione Costa a dire che c'e' una deriva preoccupante dell'estremismo di sinistra (ma non solo) di cui si trovano abbondanti tracce online, ma il punto e' proprio questo: c'e' una galassia di gruppi violenti che approfitta di ogni occasione per infiltrarsi nelle manifestazioni e sfasciare quel che trova. Lo rispiego: ci sono dei gruppi di criminali che approfittano di eventi pubblici organizzati in luoghi pubblici per disturbare l'ordine pubblico. Contrastarli e' una responsabilita' della forza pubblica. Per definizione.
Poi si puo' chiedere ai manifestanti di cercare di individuare queste persone e denunciarle (qualcuno a Roma ha anche provato a fermarli, e si e' preso un fracco di botte) ma perche' e' loro interesse, o perche' e' la cosa giusta da fare: non perche' e' loro responsabilita'.
La responsabilita' dell'ordine pubblico e' della forza pubblica, ed e' alla polizia che dovremmo cominciare a chiedere spiegazioni e risultati. Lo facciamo quando si tratta di lotta alla camorra, che e' ben piu' complessa, non vedo perche' dovremmo smettere di farlo quando si tratta di criminali comuni di cui si trovano nomi, piani e reati nero su bianco online.
Oppure decidiamo che ognuno e' responsabile della propria sicurezza, e allora ci si fa il proprio servizio d'ordine e la propria ronda, che non e' che le due cose siano tanto diverse.

Tanto per guardare le cose da una certa distanza, qui in Inghilterra non esistono reazioni del genere. La differenza non sta nel fatto che Occupy London e' stata pacifica: un annetto fa le manifestazioni degli studenti universitari sono state comunque segnate da episodi di violenza.
La differenza sta nel fatto che nessuno si sogna di stabilire legami di corresponsabilita' fra i manifestanti pacifici e i violenti, e pure i tabloid, che il giorno dopo strillano titoli di scandalo sui danni alla citta', non si sognerebbero certo di fare una copertina del genere. Cosi' come a nessuno e' venuto in mente di chiedere ai cittadini di Hackney di prendere le distanze dai violenti, nei giorni in cui alcuni ragazzi mettevano il quartiere a ferro e fuoco.

Sara' che qui non ci sono le scorie degli anni '70. (Ma quando la pianteremo di continuare a evocarli e sentircene segnati? Chi e' sceso in piazza a Roma manco li ha visti, eppure dovrebbe in qualche modo esserne condizionato...)
Sara' che qui si tiene in grande rispetto la responsabilita' individuale, un concetto che in Italia non ha mai fatto grande presa.
Sara' che si ritiene di voler entrare nel merito, un'altra cosa che l'Italia lascia alla frontiera, preferendo invece dividersi su questioni di principio, su cui si possono stendere lunghi editoriali senza neanche fare la fatica di uscire di casa.
Secondo me c'e' anche il fatto che ormai si e' perso il rispetto per le manifestazioni in se': la destra non l'ha mai avuto (tranne quando c'era da mandare a casa Prodi); la sinistra l'ha lasciato negli scatoloni del passato per un'ansia d'innovazione mal indirizzata, e ormai manco lo capisce piu', cosa sia una manifestazione.
Ogni volta che ne viene convocata una, subito i commentatori di sinistra vecchi e giovani scattano in una reazione automatica, uno sbuffare, un "a cosa serve?", una sorta di disgusto verso una cosa tanto nazional-popolare e incapace di risolvere i problemi del mondo.
Senza capire che e' solo uno strumento, fra i tanti, e che a nessuno strumento da solo si puo' chiedere di risolvere, che so, di rimettere in piedi l'economia. Da solo. Da un giorno all'altro.
Alle manifestazioni si puo' chiedere solo che svolgano il proprio ruolo: mettere sul piatto un problema.
Proporre la soluzione sta a chi ha gli strumenti e la competenza per farlo.
(In altre parole, creano un terreno fertile: la semina sta ad altri, e se mesi dopo non cresce niente non vai a prendertela con il sole e l'acqua, ma con l'agricoltore.)
Chiedere ai manifestanti di fare entrambe le cose e' l'ennesimo sintomo dell'incompetenza di una classe dirigente che vuole la pappa pronta, e non sa farsi carico del proprio ruolo.
O che semplicemente pensa che il ruolo della gente sia di andare a votare ogni cinque anni, e non fare troppo casino nel frattempo.
Che poi sarebbe a sua volta il simbolo di un'altra mediocrita' della classe politica di sinistra: farsi dettare i termini delle questioni dalla destra; rinunciare ai propri strumenti e al proprio spirito per una fraintesa idea di modernita'; e poi sorprendersi quando si volta e scopre che l'hanno rimasta sola. Quei quattro cornuti dei loro elettori.

venerdì 7 ottobre 2011

La chiusura del triangolo.

Due perle, da qui:

Il giornalismo inglese, che sa raccontare un intero Paese in un titolo:



E la lingua francese, per la grande lungimiranza con cui decenni (secoli?) fa ha generato l'equivalente di "gnocca"


giovedì 22 settembre 2011

L'irresistible fascino della delazione

Lo dico il giorno prima per evitare una volta tanto di arrivare troppo tardi: l'outing forzato dei politici è un'idiozia.
Non è tanto un'idiozia per una questione di rispetto della privacy, che non sembra propriamente una priorità in Italia.
Nè per la bizzarria strategica di minacciare l'uso della bomba atomica in tempi di pace:  l'outing è un ricatto, ma se in questo momento sul tavolo non c'è nulla da ottenere, nessun ddl sulle coppie di fatto, nessuna autorizzazione per un qualche Gay Pride, non si capisce cosa chieda in cambio quest'ultimatum. (Se non fare un pò di casino senza che alla fine succeda alcunchè, che mi sembra l'ipotesi più probabile.)

L'outing è un'idiozia perchè va in retromarcia sui termini della questione: le parole e gli atti di omofobia non sono da condannare perchè ipocriti, ma perchè discriminatori.
Qui non si tratta di Berlusconi che si porta in casa un troiaio e poi scende in piazza al Family Day: sono entrambe scelte legittime, ma siccome c'è un rapporto di fiducia tra lui ed i suoi elettori sulla base della difesa della famiglia tradizionale è giusto che quest'ipocrisia sia resa pubblica, e poi saranno i suoi elettori a regolarsi.
L'omofobia è un'altra cosa. L'omofobia è sbagliata punto. Che venga da Rocco Siffredi o che venga da Solange. (Peraltro conosco alcuni gay che hanno molta difficoltà ad accettarsi come tali, e nulla esclude che per alcuni politici o prelati sia lo stesso: non credo che lo sputtamento pubblico possa aiutarli. L'educazione all'inclusione magari farebbe di più.)

Andate avanti a trattarlo come un peccato d'ipocrisia, e poi non lamentatevi se diventa una questione di bon ton...

Update: una fregnaccia. Formigoni a parte (sai che notizia!), stiamo all'apologia della panfrocea.

mercoledì 10 agosto 2011

Brevi appunti sui casini di questi giorni

A beneficio di chi rischia di essere fuorviato dai media italiani, che al solito mettono il pilota automatico senza porsi il problema di capire.

Non sono proteste
Capisco la tentazione per la stampa di sinistra, ma non è così. Sono saccheggi. Non ci sono persone che scendono in piazza per rivendicare istanze. Ci sono persone che scendono in strada per godere del controllo temporaneo del territorio, arraffare quello che possono finchè possono, e dare sfogo a qualche istinto adolescenziale.

Non c'entra niente la società multietnica
Capisco la tentazione per la stampa di destra, ma non è così. Anzi. In questi giorni si sono visti neri, bianchi, arabi, mori, biondi, adulti, ragazzi, bambini, maschi, femmine, tutti fianco a fianco. Uniti. A spaccare vetrine.

Non c'entrano niente gli indignados (o varianti sul tema)
Capisco la tentazione per la stampa tutta, ma queste violenze non hanno niente a che vedere nè con le proteste in Medio Oriente nè con la crisi finanziaria. Pochi mesi fa migliaia di studenti scesero in piazza, ci furono manifestazioni, scontri e violenze, e quello sì aveva a che fare con un copione conosciuto: giovani di classe media a cui hanno rubato il futuro.
In questo caso invece a Tottenham, a Peckham, nella zona di Hackney da cui sono partiti gli scontri, la classe media non c'è. Nessuno sta rubando il futuro di questi giovani, perchè non ce l'hanno mai avuto.
Poi è vero che nei giorni successivi si sono unite anche persone di estrazione sociale diversa, ma solo perchè a quel punto era scattato il liberi tutti.

Allora cosa c'entra? C'entra che la società inglese è radicalmente classista, a livelli di cui è difficile rendersi conto da fuori.
C'entra che milioni di bambini nascono sapendo che se non hanno qualcosa in quel momento non avranno mai niente, e crescono senza prospettive, senza educazione, senza opportunità, senza responsabilità, senza appartenenza. Sono i bambini e i ragazzi di questi giorni.
Alcuni appartengono a delle gang, ma molti sono atomi sparsi, che probabilmente hanno reagito con incredulità alla possiblità di potersi prendere qualcosa: per questo sono partiti dal poco che conoscono, dalla propria strada, e si sono spostati per prossimità seguendo le indicazioni che giravano su Blackberry Messenger; e per questo si sono riconosciuti come gruppo solo quando si sono visti in televisione. (E sempre per questo, per fortuna, gli scontri non sono stati razziali: non c'è nemmeno appartenenza etnica, in questi buchi neri metropolitani).

Che cosa resterà, dopo gli appelli alle pene esemplari, le pippe sociologiche sulla generazione senza valori che ruba gli iPad (a parte che meglio quello che gettare molotov, ma voi cosa rubereste se vi dessero le chiavi di una città?), gli articolo di fondo sui tagli di Cameron e i quartieri in cui (come già prima) non avremo voglia di passare?
Spero che resti la consapevolezza che per molti le cose andavano male già prima di andare peggio. E che, in Inghilterra così come in Italia, abbiamo bisogno di un patto sociale inclusivo, perchè se lasci il disagio fuori dal Parlamento e dai palinsesti, poi te lo ritrovi in strada.

giovedì 28 luglio 2011

Ho fatto due etti e mezzo di diritti: che faccio, lascio?

Io su certe cose arrivo sempre a scrivere con un giorno di ritardo, e col rischio di far incazzare qualcuno quando ormai si e' passati ad altro, ma tant'e': anch'io avrei votato a favore della pregiudiziale di costituzionalita' per la Legge Concia. (Almeno da quel che so del ddl, dato che non sono riuscito a trovare il testo originale).

Intendiamoci, qui si ritiene che sul rispetto verso gli omosessuali l'Italia sconti un ritardo drammatico, una vera emergenza civile che non ha a che fare solo con gli atti di violenza che si sono moltiplicati in questi anni, ma anche con l'indifferenza e il fastidio di gran parte degli italiani verso gay e lesbiche che non si vergognano di riconoscersi come tali, e con la colpevole accondiscendenza verso i commenti indegni di molti politici in occasione dei Gay Pride.

Ma la legge Concia sarebbe una risposta sbagliata. Radicalmente sbagliata.

In parte per motivi giuridici, su cui non mi addentro piu' di tanto: non si tratta di tutelare gli omosessuali e non gli eterosessuali. Piuttosto, la Costituzione rifiuta le distinzioni di "sesso, razza, lingua, reglione, opinione politica, condizione sociale e personale" ed una legge che ne isoli una rispetto alle altre e' inevitabilmente discutibile. Pero' la questione non e' tanto questa.

Il problema e' politico, e sociale. L'idea dei diritti da assegnare per categoria e' due volte inaccettabile: perche' crea una societa' corporativa, dove il titolare del diritto non e' l'individuo ma l'appartenenza; e perche' se si sceglie la strada delle minoranze che si organizzano per se', con i gay che lottano per i gay, le donne per le donne, gli ebrei per gli ebrei, prima o poi si arriva ad una minoranza che e' troppo debole per conquistare il consenso necessario e resta privata della propria fetta di diritti.

Non e' solo una questione ideale, e' molto concreta: perche' picchiare un gay in quanto gay dovrebbe essere piu' grave che picchiare un ebreo in quanto ebreo? Non lo e' ovviamente, neanche per la Concia. Ma se si sceglie di fare un passo per volta, magari la prossima volta riusciamo a far passare una norma che protegge i gay, e con maggiore facilita' una che protegge gli ebrei, e in modo ancora piu' facile una che protegge i cristiani, o le donne, e poi? Quando si arriva ai musulmani? Secondo voi i musulmani in Italia sono forti abbastanza da lottare per una norma specifica che li tuteli dall'islamofobia? E il Parlamento, questo Parlamento, la voterebbe?
Ci si troverebbe facilmente in una situazione in cui picchiare un musulmano  in quanto tale sarebbe meno grave che picchiare un ebreo, o un gay, o una donna, o un cristiano in quanto tali. E questo e' inaccettabile per ogni persona civile, anche e soprattutto, lo so, per chi ha sostenuto il ddl Concia.

Poi secondo me e' vero che c'e' un'emergenza omofobia in Italia, ma c'e' un motivo per cui le legislazioni reattive di questo tipo non funzionano: prima o poi ci si ferma di fronte ad un'emergenza che e' considerata meno meritevole di altre, e questo genera tensioni che ci eviteremmo volentieri. (Basta pensare ad un musulmano che viene picchiato insieme ad un ebreo, e quest'ultimo pero' conta di piu'.)

L'unico modo, non il migliore o il piu' giusto, ma proprio l'unico modo di combattere l'omofobia sta nel combattere una battaglia contro le discriminazioni ideologiche, tutte e tutte insieme: perche' il rispetto per gli altri o c'e' o non c'e'.

domenica 24 luglio 2011

Genova 2001

Io non c'ero, in quei giorni, a Genova.
Non c'ero un pò per la pigrizia post-laurea, quel senso di vuoto tra l'ultimo esame e il primo cartellino, e un pò perchè mi ero allontanato dai movimenti e dall'impegno politico, dopo l'abbuffata del liceo che mi avea lasciato tante esperienze e poca voglia.
Però me li ricordo bene come tutti, quei giorni. E mi ricordo una sensazione in particolare, che non avevo mai avuto prima e di cui non avevo mai nemmeno sentito parlare: un senso di colpa civile. E generazionale.
L'idea che avrei dovuto esserci anch'io lì.
Non perchè quel movimento era parte di un percorso che era anche mio fino a qualche tempo prima: da quei percorsi si entra e si esce, e io me ne stavo costruendo un altro. E certo non perchè la mia presenza avrebbe fatto alcuna differenza: non conosco personalmente nessuno che sia finito male in quei giorni, nessuno che avrei potuto proteggere, nessuno che ho lasciato solo.
Avrei dovuto esserci perchè in quel momento, in quel posto, la mia generazione si stava facendo massacrare. Quei manganelli picchiavano su altri come me, che erano nati negli stessi anni, che avevano le stesse facce. Ci sono momenti in cui le cose vanno molto bene o molto male per una generazione, e quei momenti bisogna viverli insieme.
Avrei dovuto esserci e non c'ero proprio negli ultimi giorni in cui ci si sente davvero tutti la stessa cosa: fintanto che si è studenti, e io lo ero ancora per un pelo. Perchè poi si è lavoratori o disoccupati. Impiegati di questo o quel settore. Single. Fidanzati. Mariti. Padri. Perfino da lavoratore precario non mi sentivo parte della generazione co-co-co, e per fortuna non è nemmeno durata a lungo.
Ma studenti lo si è tutti insieme, e le giornate si scandiscono con gli stessi ritmi, ci si ritrova negli stessi posti. In classe. Per strada.
Avrei dovuto esserci, a Genova. E quel senso di colpa generazionale me lo porto appresso da anni. Mi ricordo che nei mesi successivi avevo per la prima volta paura dei poliziotti. Io che non ero mai stato nemmeno fermato, e certo non avevo la faccia o i modi da rivoluzionario. Avevo paura dei poliziotti forse anche per scontare il peso della mia assenza e appropriarmi di un pezzetto di Genova.
Quel senso di colpa l'ho ritrovato negli anni, quando sono saltati fuori i filmati, le testimonianze, i processi. E in questi giorni.
Non so se ci sia un modo di farlo passare, ed eviterei di farmi manganellare tanto per dire che anch'io le ho prese. E forse è meglio che non passi: che gravi su di noi, su tutti quelli che come me dieci anni fa erano una generazione. Così che chi fra noi si troverà sulle poltrone giuste, fra qualche anno, meglio prima che poi, possa spiegare cos'è successo davvero. E perchè.
E chiedere scusa.
A nome dello Stato.

martedì 17 maggio 2011

Lista (bipartisan) di chi non ci ha capito niente

Quelli che le primarie producono candidati estremisti che non possono vincere.

Quelli che Pisapia non puo' raccogliere i voti dei moderati milanesi. (Quelli che non hanno capito che Pisapia e' il primo dei moderati milanesi.)

Quelli che i moderati.

Quelli che senza alleanze con il centro non si puo' vincere.

Quelli che il centro.

Quelli che stavolta l'affluenza crolla.

Quelli che a Napoli dopo la monnezza Berlusconi ha gia' vinto.

Quelli che la Lega stavolta fa il pieno.

Quelli che Fassino e' il vecchio che ci condanna a sicura sconfitta.

Quelli che il candidato non conta, conta il programma.

Quelli che il candidato non conta, conta l'alleanza.

Quelli che Berlusconi e' un genio della comunicazione, ed un maestro delle campagne elettorali.

E poi quelli che "dopo le amministrative facciamo una verifica e apriamo una discussione seria."

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martedì 10 maggio 2011

I due confini (Di Osama, omosessualità e scontri di civiltà)

Sarà il caldo, sarà che ultimamente il Sudoku non mi gira bene, fatto sta che in questi giorni mi sono fatto trascinare in due discussioni online, di quelle che appena cominci a leggere sai già che fioriranno i commenti.

Una era nata da un post di Giovanni Fontana che difendeva la scelta del governo USA di non pubblicare le foto di Osama morto, con annesso un inciso per cui tanto "nessuno dei complottisti si convincerà mai".

L'altra riguardava invece il nuovo round fra Scalfarotto e Severgnini, con il primo che tornava ad accusare il secondo di omofobia perchè contrario al riconoscimento dei matrimoni omosessuali.

Mettendo insieme le due si stanno per superare i 200 commenti, ma non c'è alcun motivo di leggerli, perchè tanto è successa una cosa, una sola, la stessa in entrambi i casi: ad alcune persone che concordavano con la posizione di fondo dell'autore, ma esprimevano dubbi di merito sulll'argomentazione si contrapponeva una seconda fazione che respingeva questi dubbi come irricevibili, e rimproverava alla prima di essere sostanzialmente in mala fede, o stupida, o bigotta, o irrecuperabile (complottista nel primo caso, omofoba nel secondo).
Che poi magari andandoli a conoscere di persona è anche vero, ma quel che mi ha colpito è stata la sordità, l'incapacità di parlarsi gli uni con gli altri e di riconoscere delle argomentazioni che per una volta non erano all'insegna del cialtronismo o della pura malvagità. (Trattandosi di blog di qualità, ci si è risparmiati i troll e i piromani del pensiero che sembrano prediligere altri siti.)

Ora, dire che  in Italia si stia giocando una sorta di scontro di civiltà a bassa intensità non è certo rivoluzionario, così come riconoscere che quello stesso scontro si gioca, a volte su terreni simili a volte diversi, in altri Paesi. E chi lo dice ha ragione: c'è chi ha deciso di mettere sotto assedio la dignità della persona, la validità del pensiero logico e quel bigino di rispetto reciproco che ci siamo conquistati con secoli e sangue. Negarlo significa fare cerchiobottismo in mala fede.

Però riconoscere questo assedio non può significare vedere soltanto quello.
Ci siamo incagliati nella reazione più elementare quando si viene circondati: si tirano calci alla cieca, sperando di colpirne abbastanza da farli indietreggiare, o quanto meno da far capire che non ci si piega, e tirarla in lungo finchè succede qualcosa.
Il problema però è che fra questi due fronti, fra assedianti e assediati, non c'è il deserto. Ci sono tante persone che non la pensano come noi, ma che sono in buona fede, e ragionevoli.
E bisogna mantenere la lucidità necessaria a distinguere.

Tiriamo pure su un muro che ci separi da Sallusti ,e dalla Santanchè, e da Calderoli: staremo meglio noi, staranno meglio loro.

Però riconosciamo che al di qua di quel muro ci possono essere altri confini, e diversi: confini tracciati sulla sabbia, che possono essere attraversati, o ridisegnati. Confini che vanno affrontati con ragionevolezza e onestà intellettuale e dialettica, tendendo una mano sapendo che può essere usata per portare dalla tua parte chi sta di là, ma anche per il contrario. Perchè il bello dello scambio di opinioni è che sai come ci entri, ma non come ci esci, ed è solo per questo che funziona: se ti confronti con qualcuno con la ferma convinzione che non cambierai mai idea, ci sono buone chance che l'altra persona si comporti allo stesso modo.
E se ci incastriamo in un meccanismo del genere, poi è inevitabile che diamo dell'omofobo a Severgnini, o del cospirazionista a Leonardo.

Se giochiamo solo allo scontro di civiltà perdiamo due volte: perchè gli altri sono più cattivi, e quindi gli riesce meglio; e perchè stiamo arruolando fra le fila nemiche quella moltitudine di persone di cui avremmo bisogno per ricostruire l'Italia.

E invece dovremmo trovare la forza di essere magari minoranza, ma non minoritari.

(Come si dice qui, "dimostrarsi la parte migliore del Paese, tanto da diventare anche la parte maggiore del Paese")


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giovedì 5 maggio 2011

Complottismo: istruzioni per l'uso

Era inevitabile. Appena arrivata la notizia della morte di Bin Laden è scattato il riflesso condizionato: chissà cosa diranno ora i complottisti? E giù battute su cosa si inventano questi ora, e poi tutti a prendere in giro Giulietto Chiesa. E in effetti, chi non si diverte a prendere in giro Giulietto Chiesa? E perchè non farlo, poi?

Poi però, passate le risate, dovremmo tornare a fare gli adulti e a trattare la questione con serietà e rispetto. Se ci sono delle persone ragionevoli che sollevano qualche dubbio, l'ultima cosa che dovremmo fare è metterli all'indice e prenderli per pazzi, se non altro perchè non si è mai dimostrato un modo efficace per far cambiare loro opinione.
E siccome alcuni di loro ce l'avrebbero davvero la voglia di cambiare opinione, ma chiedono anche di essere trattati da adulti, che non è poi 'sta gran richiesta, ecco qualche istruzione per l'uso di puro buon senso.

1. I complotti esistono. La storia dell'uomo ne è piena: complotti riusciti e complotti falliti; complotti intelligenti e complotti stupidi (di questi poi, siamo pieni!); complotti orditi da bieche dittature e complotti orditi da moderne democrazie. Questi sono fatti, e c'è poco da discutere: l'atteggiamento di chi rifiuta pregiudizialmente un complotto è scorretto tanto quanto quello di chi lo assume pregiudizialmente. Magari più carino e meno ridicolo, ma ugualmente scorretto.

2. Esistono anche i despistaggi, le coperture, le omissioni, le manomissioni, e poi gli errori, l'incompetenza, le distrazioni. Questo per dire che raramente gli eventi si svolgono perfettamente in un senso o nell'altro, e c'è spazio per situazioni confuse che presentano carenze, incongruenze, incertezze.

3. Chi si accorge di queste incongruenze e solleva delle domande non può automaticamente essere tacciato di complottismo. Di più: non si può nemmeno pretendere che fornisca una risposta alternativa. L'atteggiamento per cui "se secondo te non è andata così, allora devi darmi un'altra spiegazione" è tanto infantile quanto diffuso, soprattutto in un Paese che ha poca cultura scientifica. Il metodo scientifico prevede infatti di sollevare dubbi e studiare le incongruenze senza sapere dove ti portino, e senza necessariamente formulare ipotesi alternative. Di più: se anche le ipotesi alternative dovessero poi dimostrarsi scorrette, le incongruenze da cui sono partite restano tutte. Chi invece pretende lo scenario alternativo bello pronto commette lo stesso identico errore dei complottisti: parto dalla risposta, e cerco i fatti per supportarla.
Nel caso della morte di Osama, l'incongruenza è la mancata presentazione di prove fisiche, come fatto invece in passato. La giustificazione offerta riguarda l'opportunità della pubblicazione, e dato che questa stessa preoccupazione non si è manifestata ad esempio nel caso di Saddam, qualche dubbio legittimo può venire.

4. L'unico modo di verificare l'attendibilità di una tesi è affrontarla nel merito. Si guarda quindi alle prove documentali, sapendo che le cose assolutamente false (le tette di Pamela Anderson) e quelle assolutamente vere (l'inevitabile attrazione di Vucinic per la palla in tribuna) sono estremi rari, e che in mezzo c'è una distribuzione di maggiore o minore probablità. Le prove documentali ti permettono di spostarti lungo quest'asse inseguendo Vucinic (per poi magari raddrizzargli il piede, se capita...).
Nel caso in questione, una foto potrebbe essere una prova sufficiente, perchè è coerente con quanto fatto in passato, e perchè manipolarla e poi distribuirla rappresenterebbe un rischio troppo grosso: per smentire la tesi ufficiale basterebbe dimostrare che quel documento è un falso, come nel caso del Nigergate. Se non si volesse distribuire una foto perchè troppo cruenta, si potrebbe presentare un resto organico (un capello, un'unghia) insieme ad un'esame del DNA.

5. In assenza di prove documentali, si va sulla fiducia. E qui le cose si fanno difficili, perchè la credibilità è una risorsa dal valore soggettivo e deperibile. Per chiarirci, se un domani Berlusconi annunciasse, magari il giorno prima delle elezioni, la cattura di Matteo Messina Denaro ed il suo trasferimeto in una località segreta dove scontare l'ergastolo, senza però produrre alcun video o alcuna foto, magari per non urtare la sensibilità dei suoi parenti, saremmo tutti disposti a credergli sulla parola? Io qualche dubbio ce l'avrei, e soprattutto mi aspetto che ce l'abbiano i media. Perchè è il loro lavoro.
Nel caso specifico, si può scegliere di fidarsi di Obama perchè finora la sua amministrazione è stata onesta e perchè il rischio che correrebbe nel giocarsi la credibilità è superiore all'interesse per un'eventuale fabbricazione. Però è un terreno scivoloso, perchè si regge sulla fiducia che ciascuno di noi ha nell'amministrazione USA, e solo su quella. 




Ecco, questo mi sembra un modo adulto ed efficace di dialogare con chi solleva dubbi ragionevoli. Questa invece è una lista di argomentazioni trovate qua e là che non stanno in piedi:

Variante naive: Non puoi non credere all'Amministrazione USA perchè: a) è un Paese democratico; b) è un Paese con la libera stampa; c) ci sono troppe persone per coprire un complotto. In teoria, forse. In pratica ci sono esempi di complotti, depistaggi e manomissioni che sono stati portati avanti da vari governi democratici, fra cui quello italiano e quello americano. La verità prima o poi tende a venir fuori, ma può passare parecchio tempo. E la fanno venire fuori proprio quelli che dubitano e che vengono fatti passare per complottisti.

Variante Brusca (aka come fai a credere a uno che scioglie un bambino nell'acido?): Tra la parola del Presidente di un Paese democratico e quella di qualche terrorista, devi credere al primo. E perchè? Un governo democraticamente eletto può avere ragioni di mentire (magari per fini rispettabili come evitare il panico) così come uno stragista può non averne. E' successo, continuerà a succedere.

Variante simmetrica: Se la tesi ufficiale non ti convince, me ne devi fornire un'altra. Non necessariamente. Come spiegato, questo è il contrario del metodo scientifico, e commette lo stesso errore dei complottisti, quello di pretendere una risposta a monte dei fatti. Prima si notano delle incongruenze, poi le si approfondisce, poi si vede dove si va a parare, e solo alla fine si può offrire un'ipotesi alternativa. Se vi sta bene, questo lavoro possiamo farlo insieme. Se no andate pure da un'altra parte, perchè il vostro contributo non è costruttivo.

Variante filosofica: "Se dubiti della versione ufficiale perchè non ti convince fino in fondo, allora devi dubitare di tutto, perchè niente è dimostrabile con certezza, e domani il sole potrebbe non sorgere". A questa non varrebbe nemmeno la pena di rispondere, ma proviamoci: come sempre, bisogna entrare nel merito della questione, per poi distribuirla su una scala di probabilità. Secoli di prove documentali e studi astronomici che fondano su basi scientifiche pongono il sorgere del Sole nell'ambito delle sostanziali certezze. Ora mettiamoci a studiare le prove documentali dell'argomento in questione.

Variante benaltrista: "Qualunque documento producessero, qualcuno potrebbe dire che è finto o insufficiente, e quindi tanto vale non produrne nessuno". Si e no: dipende dal documento. Evidentemente, se si produce un documento irrilevante i dubbi non passano. Ma la scelta di produrre un documento rilevante è significativa in sè, perchè ci si espone al rischio, nel caso sia un falso, che venga smascherato; rischio che invece non si corre limitandosi a dire "è così perchè è così". Poi, certo, ci sono stati casi in cui sono stati presentati documenti che poi sono risultati falsi. Ma proprio per questo bisognerebbe insistere perchè sempre, in ogni caso, si condivida tutto ciò che si può, fatte salve le considerazioni di opportunità.

Variante cui prodest: "L'ipotesi di complotto non regge perchè il governo non avrebbe interesse all'evento". A parte che la valutazione degli interessi è sempre un esercizio rischioso sia perchè gli interessi sono spesso poco conosciuti sia perchè non è raro che le persone e le istituzioni compiano scelte contro il proprio interesse, nel caso in questione questa tesi non regge: dopo dieci anni in cui hanno speso miliardi per inseguire un vecchio senza successo e con l'intenzione di lasciare a breve l'Afghanistan, l'amministrazione Obama aveva tutto l'interesse a far fuori Bin Laden. Detto questo, il cui prodest è l'arma retorica tipica dei complottisti ed è giustamente ridicolizzata: non si capisce perchè invece dovrebbe essere accettabile per gli anticomplottisti.


Variante Qui, Quo, Qua: "Devi crederci perchè oltre a Obama l'ha detto anche il Portavoce della Casa Bianca, l'ISI Pakistano e la famiglia di Bin Laden (così è stato dichiarato da Obama). Anche detta "Variante del ti prendo per fesso". E' evidente che se non mi basta la parola di Obama quando parla per sè, non mi basta nemmeno quando parla per altri, nè quella di qualcuno che lavora per lui, nè di chi condivide lo stesso interesse strategico. (In questo momento, il Pakistan.)


Questi sono alcuni esempi, e mi fermerei qui. Però inviterei tutti a tenere un atteggiamento più maturo e rispettoso: se non perchè ci si crede, quanto meno perchè conviene.

Dopo l'11/9 ero andato a studiarmi un pò di rapporti, e qualche dubbio mi era venuto: non pensavo certo che fosse un inside job, ma ritenevo possibile che alcuni particolari fossero stati omessi o che ci fossero stati dei depistaggi, per motivi (assolutamente legittimi) di sicurezza nazionale. In modo molto ingenuo ho provato a capirne di più seguendo i dibattiti, e mi sono trovato schiacciato fra i cospirazionisti apocalittici e i puristi a prescindere, che riproponevano il solito canovaccio italiano: amerikani contro terzomondisti, guerrafondai contro pacifisti, senza mai affrontare le questioni in modo laico.
Ovviamente è finita che mi sono tenuto i miei dubbi,e non li ho abbandonati finchè qualcuno non si è degnato di tirarsi su le maniche e offrire considerazioni di merito (ovviamente su internet, per parlare del ruolo insostituibile dei giornali...)
Se non l'avessero fatto perchè "tanto i complottisti non cambiano mai idea", io, che non sono Giulietto Chiesa, mi starei ancora tenendo i miei dubbi.

E fossi solo io, sarebbe niente. Il problema è che gli Stati Uniti hanno speso una barca di soldi per una commissione di inchiesta sull'undici settembre richiesta dai parenti delle vittime per far luce sui dubbi, e con ogni probabilità se la sarebbero potuta risparmiare se questi dubbi li avessero affrontato subito: nel merito, e con meno spocchia.


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venerdì 18 marzo 2011

Fatemi capire...

" L'Italia ha vinto la sua battaglia a Strasburgo: la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo l'ha assolta dall'accusa di violazione dei diritti umani per l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche [...] I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocefisso nella aule scolastiche."
Questi accolgono con grande soddisfazione la decisione di una Corte che dice che il simbolo religioso piu' importante del cristianesimo non conta una mazza?
E allora cosa ce lo hanno messo a fare?


Update: Appunto. Il solito, eccellente, Makkox.

mercoledì 16 marzo 2011

Due parole sul nucleare

Chi volesse capire qualcosa di più su ciò che sta succedendo davvero in Giappone, versante nucleare, può leggere i post chiari ed esaustivi di Amedeo Balbi e m.fisk 
Chi non volesse capirci niente invece può scegliere un qualsiasi quotidiano italiano, a partire da Repubblica.

Per quanto mi riguarda, penso una cosa molto semplice: quel che è successo in Giappone non dovrebbe farci cambiare di una virgola la nostra posizione sul nucleare, qualunque essa sia. Quanto meno sul nucleare in Italia.

Le centrali che stanno collassando sono del tipo progettato 50 anni fa e costruito 30 anni fa, e non sono quelle che il governo fa finta di voler autorizzare in Italia. Queste ultime, quelle moderne, stanno reggendo bene.
Come se non bastasse, non è stato il terremoto in sè a causare il collasso, ma la combinazione di terremoto e tsunami: e le probabilità di uno tsunami nel Mediterraneo sono francamente pochine.
Quindi sono d'accordo con chi dice che c'è poco da strumentalizzare il disastro di Fukushima per alimentare la paura.

Detto questo, resto radicalmente contrario all'idea del nucleare in Italia, come prima e per le stesse ragioni di prima: cioè perchè cosa si fa è solo metà della storia, e chi lo fa è l'altra metà.
In Italia ci sono zone incapaci di gestire la raccolta della spazzatura normale, la criminalità organizzata prende i rifiuti chimici del Nord e li trapianta un pò ovunque al Sud, e la Casa dello Studente dell'Aquila era stata costruita secondo le regole, salvo accartocciarsi per un terremoto non irresistibile.
Le uniche Regioni in cui mi fiderei di far costruire una centrale nucleare sono l'Emilia Romagna e il Trentino-Alto Adige, e hanno già detto che non se ne parla nemmeno. Per il resto, l'Italia non presenta le garanzie minime di affidabilità, ed è questo prima di ogni altra cosa Il Problema.

E l'obiezione per cui se si continua a ragionare così non si combina mai niente è francamente parecchio naif e confonde causa ed effetto: prima si ricostruisce una cultura di responsabilità e serietà, e poi si investe sui grandi progetti. E se proprio vogliamo correre qualche rischio per darci l'opportunità di dimostrare che ce la possiamo fare, eviterei di farlo sul nucleare.
Perchè è vero che un bambino non cresce se non comincia ad interagire con l'ambiente: ma non è che per questo gli do in mano un'Audi R8 e un lanciafiamme.

Purtroppo l'Italia è regredita ad uno stadio infantile. E per questo le mie due parole sul nucleare post-Fukushima sono: come prima.


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venerdì 11 marzo 2011

Pst, capo... lo vuoi un iPhone a 50 euri?

Dopo la riforma della scuola, il governo si è reso conto che ormai siamo entrati nel 2011 e che le cose non stanno andando molto bene, ed ha tirato fuori la riforma della Giustizia. Una riforma che sta generando un numero incredibile di reazioni e discussioni, anche intelligenti (Costa e, per una volta, Facci, sul Post).
Un numero incredibile non in sè, perchè si tratta pur sempre di giustizia, cioè il passatempo preferito della Seconda Repubblica. Incredibile perchè stiamo discutendo del nulla.


  1. La riforma Alfano è stata introdotta al solo scopo di sviare l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica dai temi che stanno mettendo in difficoltà il governo (lavoro e festini) e di far scoppiare delle contraddizioni all'interno dell'opposizione, in particolare fra il PD ed una bella fetta dei propri elettori. Non che sia un meccanismo nuovo: dalla Bicamerale alla riforma dell'art. 41 (e all'esistenza stessa di Sacconi), è un'evergreen del centrodestra. La vera novità sta nel fatto che forse questa volta il PD non ci casca. (Almeno finchè Veltroni sarà distratto da altre questioni...). E d'altronde si può mai pensare che una maggioranza che riesce appena a far passare, a stento e azzoppandola, una riforma ordinaria dell'università, che non è esattamente in cima alla lista delle preoccupazioni dei parlamentari italiani, sia davvero convinta di poter far passare una riforma costituzionale della giustizia? Che se anche ce lo fossimo dimenticati, il 14 dicembre è servito a ricordarci che quelli che non sanno fare la conta dei voti in Parlamento sono gli altri...
  2. Se anche volessimo prendere questa proposta sul serio, non potremmo, come vogliono fare certe anime un pò idealiste e un pò naif, limitarci alle considerazioni di merito. E' una riforma che esce dal Consiglio dei Ministri presieduto da Berlusconi, e che è stata presentata da Berlusconi: lo stesso che ha ripetutamente definito i magistrati dei pazzi golpisti e un cancro da estirpare. E considerato che, come tutte le riforme, verrà integrata e definita da leggi e regolamenti attuativi decisi da maggioranza e governo, l'unico modo per valutarla "a prescindere da Berlusconi" sarebbe che lui stesso lasciasse gli incarichi di governo e di partito. E non mi sembra che possa accadere a breve.
Finchè la riforma della giustizia sarà portata avanti da Berlusconi, aprirsi a discussioni di merito sarà come se, di fronte al tizio che ci si avvicina fuori dall'Autogrill e ci offre un iPhone a 50 Euro, ci mettessimo a chiedergli informazioni sulla batteria e la memoria. Magari abbiamo davvero bisogno di un telefonino nuovo, ma non sarà certo quel tizio a darcelo. La figura dei fessi l'abbiamo già fatta con la Bicamerale, e ci basta.

La credibilità è la risorsa più importante per un politico, anche più del consenso, e purtroppo la sua Berlusconi se l'è giocata, soprattutto sulla giustizia. Il fatto che sia stato comunque eletto premier non elimina il problema: rende solo più difficile la sua soluzione.


P.S. Ci terrei a dire che quella volta, all'Autogrill, non sono stato io ad essere rimasto fregato.

lunedì 14 febbraio 2011

Zeitgeist


Non ho ancora trovato niente che descriva la deriva grottescamente cialtrona dell'Italia meglio di questo video.

venerdì 11 febbraio 2011

venerdì 4 febbraio 2011

Tanto per evitare casini...

Io la butto li'.

Ma siamo sicuri che fra un Berlusconi 74enne, e che ha gia' compiuto sostanzialmente tutti i danni che puo' compiere per il Paese e ha deluso la maggior parte degli elettori, e un Casini 55nne stimato da tutti e che ancora non ha avuto l'opportunita' di fare i propri, di danni, l'avversario strategico non sia quest'ultimo?

Perche' e' vero che l'impatto di Berlusconi e' stato devastante, ma per l'appunto ormai quello ce lo siamo sorbiti, mentre il cattolicesimo reazionario in salsa brizzolata facciamo ancora in tempo ad evitarcelo. E visto che gira voce di Sante Alleanze con Casini premier, io un pensierino a questa cosa ce lo farei...

Insomma, guardateli: cosi', a occhio, chi vi fa piu' paura?

Comunque...



Ha fatto piu' danni Mitterand alle campagne elettorali del centrosinistra di qualunque litigio sulle primarie...

(Aka: Chi sa fare, fa. Chi non sa fare insegna copia.)

mercoledì 2 febbraio 2011

Che la doggie bag da sola sfamerebbe un branco di huskie...

Nice 2 Meat You.PNG

Gentilmente fornito dagli Akron Aeros, team di minor league baseball di Cleveland, questo gioiello della gastronomia del territorio prevede:
- un hamburger da un pound e un quarto (circa 575g, o 5 quarter pounder di McDonald's)
- ripieno di mezzo pound (ca. 230g) di hot dog
-  con uno strato di un quarter pounder (ca. 115g) di bacon, formaggio e cipolle

Con il pane si arriva a un chiletto buono

(via The Daily Show)

E Sacconi sta sempre li'.


LA FIDUCIA NEI MINISTRI DEL GOVERNO BERLUSCONI
(% RISPOSTE 'MOLTO+ABBASTANZA)


20092010Rilevazione
Gennaio 2011
18/0115/0209/0317/0416/0515/0619/0715/0915/1016/1115/1231/01/11variazione
Dicembre 2010 -
Gennaio 2011
MINISTRO
Maurizio SACCONI
(Lavoro e Politiche sociali)
626264626264646461616159-2
Angelo ALFANO
(Giustizia)
585859606059576060606159-2
Roberto MARONI
(Interno)
6060595959596260606059590
Giulio TREMONTI
(Economia)
5758595757555154525050500
Umberto BOSSI
(Riforma Federale)
4848485050504851505050500













Che prima o poi uno mi dovra' spiegare com'e' sta cosa, che Sacconi e' regolarmente il ministro che riscuote piu' fiducia nel governo Berlusconi.
Non che penso che il 59% degli italiani non debba stimarlo.
Secondo me il 59& degli italiani non sa neanche chi sia e cosa faccia nella vita, Maurizio Sacconi.