domenica 23 gennaio 2011

Di vascelli, bambini e Lingotti.

Ci ho pensato su, e mi sono reso conto che non si può non voler bene a Veltroni. Quanto meno, nello stesso modo in cui non si può non voler bene ad un bambino di 11 anni un pò sognatore e tanto ingenuo.

Per dire, adesso è tornato al Lingotto. come tre anni fa. Esattamente come tre anni fa: lo stesso discorso, le stesse suggestioni, la stessa idea di società, la stessa strategia politica.
Quella che l'ha portato a perdere tutte le elezioni, e con sempre meno voti? Quella.

Anche se ad essere onesti, qualche variante c'è stata.
Già al primo punto: "Vogliamo eleggere il Presidente degli Stati Uniti d'Europa". Che, guarda la coincidenza, è la stessa cosa che pensavo anch'io. In prima media.
Mi ricordo che l'avevo scritto in un tema. Poi già l'anno dopo mi ero fatto un'idea un pò più articolata della politica estera, tipo che non è la carica che legittima la funzione, ma il contrario. Un pò come quando tutti si affannavano a dire che l'Europa avrebbe avuto bisogno di un responsabile della Politica Estera e di Sicurezza Comune, e allora sì che avremmo avuto il peso che ci meritavamo nella politica internazionale. E adesso che abbiamo Mister PESC quanto pesiamo? Esattamente quanto ci meritiamo. Cioè zero.

Ma è un pò più avanti che arriva la svolta. Certo, bisogna aspettare le solite pippe sul "riformismo unica chance", che trovami uno che non sia d'accordo, visto che ci si dimentica sempre di dire che l'alternativa, il massimalismo, si è perso strada nel secolo scorso. E mai che invece ci dica che cos'è, il riformismo di Veltroni, e quali riforme voglia fare, visto che non c'è altro che un partito nasca per fare, se non le riforme.

Un dettaglio, perchè poi arriva questo: "La democrazia è decisione".
E poi: "La democrazia non può essere rinvio, non è scansare i problemi".
E infine: "Il riformismo" (vedi mai che magari capisco cos'è) "più di ogni altro ha bisogno di democrazia che decida".

E allora ho capito cos'è il riformismo. Il riformismo non è il PD di Veltroni.

Perchè, per come me lo ricordo io, il Veltroni segretario riformista del più grande partito riformista d'Europa era cronicamente incapace di decidere alcunchè. Prima e dopo le elezioni.
Oddio, ad essere onesti, prima delle elezioni aveva deciso di presentarsi da solo, alla guida di un partito a vocazione maggioritaria. Una decisione mica da poco. Salvo poi allearsi con l'Italia dei Valori, che al di là del merito va riconosciuta anch'essa come una decisione. L'ultima.
Da lì in poi, un anno di leadership del nulla, che a pensarci serenamente non c'era neanche da prendersela con la Binetti: se trovi una macchina con la portiera aperta, le chiavi nel cruscotto e nessuno alla guida, è normale che la prendi in prestito e ci vai un pò dove ti pare.

E' per questo che quando sento Veltroni dire che "la democrazia è decisione", penso che sia arrivato il momento: quello della riflessione critica, dell'analisi ragionata dei motivi per cui la sua segreteria si è persa per strada milioni di voti dopo le elezioni politiche. Il momento in cui finalmente Veltroni esce da quella curiosa fantasia autoassolutoria in cui si era rinchiuso, ed affronta il fallimento culturale e politico del proprio ma-anchismo. Per uscirne poi come leader rigenerato e maturo, pronto ad offrire una nuova speranza.
Insomma, il canovaccio di qualsiasi narrazione epica che si rispetti.

Ecco, no. Cosa fa dopo aver detto, lui, Veltroni, che "la democrazia è decisione"? Ci offre la sua ricetta per vincere le elezioni. Per rispondere ad "un bisogno di stabilità e di cambiamento".

Ed allora ti verrebbe da dire "Tesoro caro, quando vorrò consigli su come vincere un'elezione, stai pure sereno, non ti disturbare, che sei l'ultima persona a cui verrò a chiederli".

Però poi lo guardi, così carino, che gioca con il vascello Wasa e Martin Luther King, e pensi che non puoi non volergli bene.

Ma votarlo no, quello no.

4 commenti:

  1. Al contrario, penso che Veltroni sia l'unico che ha saputo prendere decisioni anche coraggiose, obbligando anche la destra a seguirlo, come quando ha scelto di andare da solo alle elezioni. Ha portato tanti voti, ma il cammino sarebbe stato lungo e il progetto ambizioso. Le elezioni in Sardegna, che onestamente sono atipiche ed erano prevedibilmente in mano alle promesse bombastiche di Berlusconi ed a questioni di mattone (ecco il 900 da superare), hanno spezzato una corda che D'alema, e ultimamente anche Bersani, tenevano in forte tensione. Infatti Gualtiero si è dimesso appena prima che cominciassero i casini di Berlusconi con il conseguente lento sgretolamento della sua immagine pubblica (sua di Berlusconi), Walter ha mollato proprio quando stava per spoggettare verso un cammino in discesa e di raccolta. E' stato un errore grave, forse imperdonabile. Ma, visto che non siamo gli americani, se si presentasse la possibilità gli darei il mio voto.

    RispondiElimina
  2. Quella di correre da solo sarebbe stata una decisione coraggiosa, al di la' del giudizio di merito, ma l'ha rinnegata subito dopo alleandosi con Di Pietro. Il punto e' che da li' in poi non ha preso una decisione che sia una...

    Ed e' vero che alle politiche ha preso molti voti, ma sostanzialmente gli stessi che avevano preso le diverse componenti alle Europee e alle amministrative di qualche anno prima. E fin qui passi. Da li' in avanti pero' ha cominciato a perdersi per strada milioni di voti, sia alle elezioni sia nei sondaggi...

    Il cammino era lungo ed il progetto ambizioso: per questo serviva un leader capace di indicare con chiarezza la direzione, e portare per mano quelli che avrebbero voluto seguirla. Veltroni non e' stato capace di farlo allora, e non e' capace di riconoscerlo oggi. E finche' non lo fara', non avra' alcuna credibilita'.

    RispondiElimina
  3. Naturalmente il fallimento del primo Veltroni non c'entra nulla con una classe dirigente che il giorno dopo le elezioni poltiche del 2008 gli ha cominciato a segare le gambe un giorno sì ed un altro pure...

    Poi di errori di Veltroni per incapacità e inettitudine ce ne sono a bizzeffe, come per i suoi successori del resto, ma pare un po' ingiusto fare un analisi e credere che il PD (ai tempi) sia naufragato solo per colpa del suo primo segretario.

    RispondiElimina
  4. C'entra molto, ma la conflittualita' interna non era una caratteristica propriamente inedita del centrosinistra: se ti candidi a leader del PD, devi dimostrarti in grado di gestirla. Fa parte dei requisiti professionali.
    Se invece hai una linea all'insegna del "questo e quell'altro", non puoi stupirti ne' che qualcuno lo prenda come un liberi tutti, ne' che qualcun altro si preoccupi.

    Questo e' punto importante anche oggi: gli scontri interni sono sempre esistiti, ma nei partiti contemporanei e' considerato legittimo renderli pubblici, comprese le proposte di rottamazione. La si puo' considerare un'antipatica deriva della modernita', e sperare che passi; oppure la si puo' gestire da leader politici.

    RispondiElimina