giovedì 11 marzo 2010

Guida alle manifestazioni per opposizioni volenterose

Qui non si parla della manifestazione di sabato 13. In questi giorni abbondano post, articoli, friendfeeds e email, e per chi voglia farsi un'idea delle migliori posizioni in campo, rimando a Francesco, Pippo e Leonardo.

Qui si parla di cio' di cui non si e' discusso in questi giorni: cos'e' una manifestazione, e a cosa serve. E magari questo aiuta a districarsi fra le diverse opinioni, o farsene di nuove.

Una manifestazione e' uno strumento politico. Considerazione un po' banale un po' no:
  • Politico perche' attiene alle questioni della polis.
  • Strumento perche' serve a raggiungere un obiettivo. Se no si va in piazza per sgranchirsi le gambe.
  • E soprattutto uno, fra gli altri. Per cui per prima cosa bisogna sfuggire alla falsa alternativa fra "andare in piazza" e "starsene a casa", nel senso di non fare niente. 




Di conseguenza, voler adottare un'iniziativa politica non implica necessariamente fare una manifestazione. Implica invece chiedersi se la manifestazione possa essere uno strumento giusto. Cioe' efficace. 

    E chiederselo a partire dalla caratteristiche di questo strumento: le manifestazioni sono partecipative, al tempo stesso organizzate (perche' qualcuno le convoca) e spontanee (perche' non sai mai cosa succede) e hanno una natura mediatica diretta (per chi ci va) e indiretta (per come vengono narrate dai media).


    Sono quindi oggetti sociali, e come tali vengono definiti non dalle intenzioni del loro autore, ma dall'interpretazione che ne da' chi vi partecipa: da chi scende in piazza a chi ne sente parlare. E quest'interpretazione e' influenzata da una moltitudine di agenti, fra cui il piu' importante e' il contesto dell'agenda collettiva. (Ovvero: nei giorni in cui si discuteva del caso Englaro, una eventuale manifestazione contro i finanziamenti alle scuole cattoliche sarebbe diventata una battaglia di laicita' e non di gestione delle risorse)


    Per questo e' fondamentale che le manifestazioni siano focalizzate: se si possono riassumere in uno slogan semplice, quello slogan ha la forza per diventare il meme che tiene insieme tutte le interpretazioni. Se invece si insegue una piattaforma articolata, e' probabile che quella manifestazione diventi "nulla", o peggio ancora un "qualcosa" determinato da altri. (I media, il contesto, gli altri attori in gioco, o una semplice coincidenza...)


    In sostanza, tutto questo puo' riassumersi in quattro domande da porsi ogni volta che si pensa di scendere in piazza:


    - Qual e' il problema?
    - Qual e' il contesto?
    - Qual e' l'obiettivo che vogliamo raggiungere?
    - La manifestazione e' uno strumento giusto?


    Un primo esempio si puo' fare con la manifestazione contro l'articolo 18 del 23 Marzo 2002


    - Qual e' il problema? Il governo Berlusconi sta usando l'articolo 18 come ulteriore clava contro lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, e se questo passa si apre un'ulteriore breccia che non si sa quanto possa allargarsi.
    - Qual e' il contesto? Il centrosinistra, soggetto tradizionalmente di riferimento, e' in crisi esistenziale e ancora intontito dalla sconfitta elettorale, mentre il centrodestra e' forte di anni in cui i diritti dei lavoratori sono stati ridimensionati sia a livello legislativo sia culturale (con un'esaltazione della flessibilita' che ha coinvolto lo stesso centrosinistra della legge Treu)
    - Qual e' l'obiettivo che vogliamo raggiungere? Cambiare l'inerzia del rapporto flessibilita'-diritti.Siamo arrivati ad un punto oltre il quale i lavoratori non sono disposti ad andare.
    La manifestazione e' uno strumento giusto? Si perche c'e' bisogno di un segnale forte, anche superficiale, che permetta di bloccare l'iniziativa del governo e di risvegliare e cambiare l'agenda dei partiti del centrosinistra, e c'e' un messaggio chiaro* intorno a cui si puo' raccogliere consenso condiviso . Ma un segnale forte ha bisogno di una partecipazione storica, ben superiore ai numeri tradizionalmente garantiti dal sindacato.


    Ha funzionato? Si, perche' ha bloccato non solo ogni tentativo di riforma dell'art. 18, ma soprattutto l'ulteriore precarizzazione del lavoro. Chi oggi rimpiange il fatto che questo articoletto di per se' poco significativo sia ormai intoccabile dimentica che ai tempi venne trasformato in una clava, e non dal sindacato. 
    Di passaggio, il 23 Marzo 2002 aveva anche costruito un potenziale leader carismatico e serio per il centrosinistra, ma su questo possiamo stendere un velo pietoso...
    (*A ripescare nell'archivio si legge che quella manifestazione era "in difesa dei diritti, dell'articolo 18 e contro il terrorismo", ma per tutti e' ancora oggi "Il Circo Massimo contro l'articolo 18", a dimostrazione che le piattaforme non contano una mazza...)




    Un altro esempio e' lo Sciopero degli Stranieri del Primo Marzo 2010.





    Qual e' il problema? Il razzismo dilagante in Italia, in forma di violenza e di un generico clima di intolleranza
    - Qual e' il contesto? La propaganda del centrodestra e la faziosita' dei media hanno fatto passare l'equazione straniero=criminale
    - Qual e' l'obiettivo che vogliamo raggiungere? Spostare l'attenzione sul contributo positivo portato dagli stranieri
    - La manifestazione e' uno strumento giusto? Si perche' il semplice fatto di indire la manifestazione ha offerto una tribuna mediatica di un mese in cui dare spazio per la prima volta all'immigrazione positiva. Inoltre, la chiarezza e semplicita' dello slogan "Un giorno senza di noi" ha facilitato l'attenzione da parte dei media e la comprensione da parte dei cittadini.

    Ha funzionato? E' presto per dirlo, ma di sicuro senza lo sciopero nessuno saprebbe che gli immigrati producono il 9.5% del PIL italiano. Adesso qualcuno lo sa.


    Si puo' fare lo stesso giochino con qualunque manifestazione, per avere un approccio alla piazza piu' laico e consapevole. Magari a partire da quella di sabato.

    2 commenti:

    1. tutta una roba complessa e in parte anche condivisibile, e poi mi cadi sul qual è...

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    2. E c'hai ragione pure tu...aver lasciato l'Italia inizia a farsi sentire.

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