Ogni tanto, per cara grazia, l'Italia si pone il problema della fuga dei cervelli. E di solito se lo pone in senso accademico-finanziario. Solitamente come risposta ad un successo scientifico conseguito da un qualche italiano all'estero. E il senso del problema è: come trovare i soldi da infilare nelle tasche dei nostri ricercatori per farli tornare in patria?
Ecco, il problema non è questo. O se si vuole, è un problema che va risolto, senza se e senza ma, ma non basta neanche a cominciare.
Gli stipendi italiani, fra il ridicolo ed il mortificante, non sono solo un problema in sè. Sono l'affermazione consapevole e la reiterazione di un Paese che non vede il motivo di investire sulla meritocrazia, sull'innovazione, sulla formazione. Dentro e fuori l'università.
Io mi sono trasferito all'estero nel 2008, per un motivo semplice: amo l'Italia, e non volevo arrivare ad odiare un Paese che aveva coscientemente e ripetutamente scelto la strada della cialtronnagine ad oltranza.
E a chi poi dice che si tratta di atteggiamento snob estero-filo, del tipo "solo noi italiani parliamo sempre male dell'Italia, ma alla fine tutto il mondo è paese"...No. Davvero, no.
E' una scusa anche questa cialtrona, superficiale e fondamentalmente sfigata.
E tanto per far capire che non è solo questione di soldi, questo blog offre, fra le altre cose, unparziale e frustrante elenco di ragioni per lasciare l'Italia.
Per poi non essere troppo pessimisti, si fa possibile per tirar su un elenco simmetrico di ragioni per tornarci. E su queste, chi vuol dare un mano lo faccia, con una sola regola: niente luoghi comuni. ('O sole, 'o mare, la pizza...)
Chi arriva primo a 101 vince.
Cosa, non lo so.