giovedì 22 aprile 2010

Una mappatura semiotica della politica italiana

Qualcuno che non ricordo da qualche parte che non riesco a ritrovare suggeriva che il vero conflitto in Italia non sia fra destra e sinistra, ma fra innovazione e tradizione. L'ipotesi in sè mi convince poco, sia perchè rischia di produrre equivoci, sia perchè nel caso specifico ho difficoltà ad individuare nell'Italia di oggi la fazione dell'innovazione, ma mi sembra comunque uno spunto interessante per un'analisi un pò diversa dalle solite.
Ho pensato quindi di prendere a prestito il quadrato semiotico, che offre una chiave di lettura solida ed al tempo stesso duttile, e di costruire una mappa di posizionamento dei soggetti politici italiani a partire dal concetto di "modernità" (che ha caratteristiche di valore, mentre l'innovazione è un processo).
Per chi non avesse familiarità con Greimas, rimando a Wikipedia, ma queste poche righe di spiegazione dovrebbero essere sufficienti a capire i criteri di classificazione.
Partendo da "moderno", si individua il termine contraddittorio in"tradizionale" (= non moderno)
"Tradizionale" implica il concetto di "archetipico" (le cose come dovrebbero essere "secondo Natura"), che ha un rapporto di contrarietà a "moderno"
Per finire, "archetipico" è in rapporto di contraddizione con "industriale" (le cose come fatte dall'uomo), che implica "moderno".






Su questa mappa sono andato a posizionare i soggetti politici italiani, sulla base delle loro attuali piattaforme, dei valori, dell'immagine veicolata e del percepito. 
Ne escono considerazioni interessanti, fatte salve due premesse: la prima è che è il processo di posizionamento è inevitabilmente arbitrario, seppur fondato su elementi ragionati che riporto in sintesi; la seconda è che ho preso in considerazione solo il rapporto con la modernita', senza pretendere di riassumere l'intera identita' degli attori oggetto d'analisi. 
Per questo motivo ci sono PdL, Lega, UdC e PD, oltre alla Chiesa (che e' indiscutibilmente un soggetto politico) mentre manca ad esempio Di Pietro, il cui rapporto con modernita' e tradizione e' indefinibile, e gia' questo e' significativo.
(Manca anche la sinistra extraparlamentare perche' marginale ed eterogenea: a titolo di nota, si andrebbe da Rifondazione e Pecoraro Scanio in basso a destra a Vendola nella direzione opposta)




Il soggetto più interessante è la Lega, che ha consolidato con gli anni un profilo di partito tradizionale, del genius loci e dei bei tempi andati. In questo modo e' stata in grado di raccogliere consenso su tutti i temi in cui la modernita' solleva aspetti critici, dall'immigrazione all'export agli OGM.
Negli  ultimi anni poi la difesa delle origini e' diventata una rivendicazione pre-politica ("Padroni a casa nostra"), un principio da difendere a prescindere dalle considerazioni di merito. In questo modo sta schiacciando l'acceleratore verso una posizione di contrarieta' aprioristica alla modernita', in difesa delle "cose fatte secondo Natura" (dall'agricoltura alla sessualità).


Non a caso si trova spesso a fianco della Chiesa, che rappresenta il soggetto anti-moderno e archetipico per eccellenza: non solo e non tanto in quanto istituzione millennaria, ma perche' custode di una Verita' trascendente e pre-storica. Questo spiega, fra le altre cose, il conflitto in cui si trova la Chiesa tutte le volte in cui l'irrompere della modernita' chiama in causa l'adesione ai valori del Vangelo, come nel caso dell'immigrazione: scatta un corto circuito per cui l'istituzione che rappresenta la continuita' ritiene di non potersi permettere di invitare i fedeli a cambiare punti di vista e abitudini. D'altronde, chi e' portatore di una Verita' che e' sempre stata e sempre sara' come puo' farsi influenzare da cio' che e' oggi?


Per continuità ideologica arriviamo all'UdC, che sta lì dove si deve trovare per DNA cattolico e democristiano e dove nessuno ha bisogno che stia. I fantomatici moderati italiani hanno a disposizione partiti ben più consistenti ed altrettanto entusiasti di difenderne le radici tradizionali, ed in compenso questo ancoramento all'identità cattolica, intesa come difesa delle forme cristiane e non dei valori evangelici, impedisce a Casini di giocare il ruolo di terza forza propulsiva in grado di rilanciare laicamente i temi su cui i partiti principali non sanno o non vogliono impegnarsi, o assumono posizioni pregiudiziali. (a differenza di Clegg in Inghilterra)


Il PdL crea qualche problema in più, perchè la coerenza non è propriamente un tratto distintivo di Berlusconi. Nel complesso credo che il partito offra una sintesi, spesso incoerente, fra l'istinto del fondatore e le tendenze cattolico-tradizionaliste dovute in parte al retaggio di alcuni suoi componenti ed in parte a calcoli elettorali. Se queste ultime spingono il partito verso le posizioni più retrograde sui temi etici, è anche vero che per Berlusconi il tempo si è fermato agli anni '80, e non a caso la sua visione politica è fatta di liberismo reaganiano e ossessione dei comunisti. Se consideriamo che quella è stata l'ultima fase di modernizzazione del Paese e che Forza Italia aveva inizialmente imbarcato alcune forze genuinamente interessate ad attrezzarsi per il futuro, otteniamo un posizionamento quasi centrale, seppur soggetto ormai da anni ad una crescente forza di gravità tradizionalista.
In questo processo è evidente che le ambizioni modernizzatrici di Fini siano abbastanza velleitarie: al di là degli avvenimenti di questi giorni, i suoi ripetuti tentativi di dare al PdL un profilo di destra europea sono in contraddizione con il percorso compiuto dal partito e dalla coalizione.
Non a caso insieme ai temi di merito Fini pone il problema del rapporto con la Lega, che sta da tutt'altra parte. Il problema è che lì dov'è la Lega sta bene, raccoglie consenso, e più evolverà da "sindacato del Nord" a "sindacato degli italiani" più si incardinerà su valori di opposizione alla modernità. 
Sempre che non cambino gli italiani, e qui arriviamo al partito che dovrebbe darsi quest'ambizione. 


Il PD è legato a valori industriali non perchè operaio, ma perchè è ancora un partito del Novecento per uomini e chiavi di lettura della società. (Ma non più per capacità di mobilitazione). Gli è nata la modernità intorno senza che se ne rendesse conto, e per questo ha un ritardo storico nel capire il precariato, l'immigrazione, il rapporto fra diritti individuali e tradizioni collettive, e tutti i temi posti dal XXI secolo.
Non avendoli capiti, non è stato in grado di fornire agli italiani una chiave d'interpretazione diversa da quel ripiegamento nel proprio ombelico e in un passato più facile proposto dal centrodestra.


C'è di buono che l'opportunità per il PD è chiara: c'è uno spazio politico a disposizione di una forza moderna, di cui l'Italia ha un disperato bisogno.
Se nessuno mette in luce le opportunità della contemporaneità, gli italiani continueranno a rifugiarsi nella rassicurazione seducente delle tradizioni di cortile. E lì non c'è storia, vincono gli altri. E lasciamolo pure, quello spazio.
Non è lì che si fa il futuro. Non è lì che si costruisce un Paese più forte.


E' in quello spazio dove oggi non c'è nessuno che si va oltre il precariato. 
Che si trova il modo di competere nell'economia della conoscenza.
Che si conciliano le libertà e le responsabilità individuali.


Ma lì non ci si va con l'UdC, che per ragione sociale sta da tutt'altra parte.


Lì ci può andare solo il PD, perchè quel passaggio è già implicito nel suo percorso logico.
E ci può andare con quella parte d'Italia che non gli chiude gli occhi di fronte al XXI secolo, ma ha l'ambizione e la lucidità di abbracciarlo.

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