sabato 21 novembre 2009

Recount




Forse è il senso di colpa di chi emigra per scelta che mi fa pensare all'Italia anche quando si parla d'altro. Fatto sta che chi segue la politica nostrana e vede Recount, un bel film di docu-fiction sulle presidenziali americane del 2000 ed il pasticcio dei voti in Florida, non può non sorridere di amarezza di fronte ad alcuni parallelismi.
In particolare, i dieci minuti in cui le due fazioni piombano in Florida e cominciano ad attrezzarsi per uno scontro che non avevano previsto ed a cui non erano preparati possono essere presi e ricopiati pari pari in Italia, cambiando giusto le facce:


Warren Christopher, ex segretario di Stato che coordina il team di Gore, per evitare polemiche considera la contesa una questione puramente legale. Salvo però escludere inizialmente l'idea di rivolgersi ad un tribunale, perchè sarebbe una soluzione poco elegante.
James Baker, anch'egli ex segretario di Stato che guida il team di Bush, spiega subito al proprio staff che quella sarebbe stata una battaglia politica. E nel senso di politics, non di policy.

- Christopher si preoccupa della posizione che potrebbero prendere gli editorialisti del New York Times.
Baker chiarisce che il New York Times vuole vederlo solo nel cestino.

- Christopher impedisce ai sostenitori di Gore di scendere in piazza perchè teme di perdere credibilità, e che la situazione possa degenerare in caso di scontri.
(Jesse Jackson se ne sbatte e occupa la piazza prima ancora che il partito democratico arrivi in Florida. Mi sbaglierò, ma nel suo comizio mi sembrava di sentire un marcato accento molisano)
Baker organizza in prima persona delle manifestazioni, e fa distribuire cartelli e magliette che ridicolizzano Gore.

- Il campo repubblicano è un trionfo di conflitti di interessi, in cui rappresentanti delle istituzioni si incontrano con i coordinatori della campagna di Bush e si fanno dettare le mosse. (Per quanto abbiano il buon gusto ipocrita di negarlo, invece di affermare "a casa mia invito chi mi pare".)

Quel che lasciano questi parallelismi è l'amara consapevolezza che le battaglie le vince chi decide di combatterle. In questo caso in modo scorretto, vero. Ma per avere una chance i democratici non avrebbero avuto per forza bisogno di imbrogliare. Sarebbe bastata la determinazione a vincere, dall'inizio e fino in fondo.

Quel che lascia "Recount" invece è un altro tipo di amara consapevolezza: quella che, ora che si sta chiudendo, ci fa guardare al 2000 e pensare che questo decennio è cominciato proprio in un modo di merda.


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