lunedì 30 novembre 2009

Via, via, vieni via di qui...






"Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio. 
Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. 
Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero"


Per carita', io questa lettera di Pier Luigi Celli la condivido e sottoscrivo in pieno, dalla prima all'ultima parola comprese le virgole e gli spazi bianchi. E se me ne sono andato e' perche', per citare uno dei corresponsabili, "l'Italia e' il Paese che amo" ed ero stufo di svegliarmi ogni giorno e trovare nuovi motivi per disprezzarla.


Detto questo, mi viene da chiedermi: se anche il direttore generale della Luiss si scontra col fatto che suo figlio ha poche opportunita', in che situazione si trova un padre normale? E dov'era la sinistra quando a quel padre abbbiamo lasciato l'unica alternativa di sperare che suo figlio diventi una velina o un portaborse?


(E dov'era Celli quando le veline uscivano dal recinto Mediaset e colonizzavano tutta la nostra tv dall'intrattenimento ai quiz alla cultura? Ah gia', in RAI.)



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