martedì 10 novembre 2009

Fringe (vs X-Files)




Breve corso di aggiornamento per chi sceglie ancora i canali dall'1 al 7. O la vita sociale.


Le premesse ci sarebbero tutte: Fringe è la serie a cui si è dedicato J J Abrams dopo aver tirato scemo il mondo con Lost, ed essersi divertito con Cloverfield.
E si apre con una misteriosa epidemia su un aereo di linea, su cui viene chiamata ad indagare una sezione speciale dell'FBI che si trova costretta a fare affidamento su uno scienziato schizofrenico rinchiuso, appunto, in manicomio. Insomma, c'è lo spunto di respiro, il personaggio intrigante, e il burattinaio di talento dietro le quinte.
O almeno ci sarebbe, perchè da subito Fringe casca su tutta una serie di debolezze anche banali, che richiamano inevitabilmente un confronto con X-Files:

- X-Files si reggeva sulla dialettica tra Mulder e Scully. Allo stesso modo, Fringe si dovrebbe reggere sullo scontro fra lo scienziato Walter Bishop ed il figlio trascurato Peter (Joshua Jackson - Pacey), che però è un personaggio costruito con i piedi. Parte come un genio dal QI spropositato, ma viene subito relegato a contraltare moralista del padre, con interventi didascalici che servono a ricordare allo spettatore che "questo scienziato pazzo che avete conosciuto in un manicomio era proprio pazzo, e comunque con la natura non si scherza se no la natura si ribella". Insomma, etica da quattro soldi, appena un gradino sopra Giovanardi.

 - John Noble, che fa il pazzo di cui sopra, è bravo ma non abbastanza. Se l'unico personaggio interessante della serie è un uomo mentalmente instabile, moralmente discutibile ma dotato di un fascino ambiguo e irresistibile, ti serve Anthony Hopkins. Niente di meno.

- X-Files spiega bene che van bene le cospirazioni misteriose ed i cattivi dietro le quinte, ma bisogna dar loro una presenza ed un volto. Nel caso, l'uomo che fuma. In Fringe non c'è niente di tutto questo: ci sono una serie di incidenti scollegati, un libro che forse spiega qualcosa e forse no, e dopo un pò arriva un cattivo che sembra preso dai B-movies per la tv, con la faccia di quello che si chiede perchè sta lì.

- Infine, Fringe si dimentica che la science fiction segue un meccanismo molto rigido: una volta definiti gli elementi di fantasia, tutto il resto deve muoversi rigorosamente nei confini del realismo, altrimenti si scade nelle coincidenze tenute insieme con lo sputo. In X-Files la "suspension of belief" postulava gli alieni, i poteri paranormali e la cospirazione governativa. Tutto il resto era estremamente realistico, tanto che, per dirne una, Mulder e Scully si sfacchinavano centinaia di miglia perchè gli eventi paranormali accadevano nei luoghi più svariati degli Stati Uniti. Qui invece succede tutto a Philadelphia.
O quella città porta sfiga, o gli sceneggiatori qualche sforzo in più potevano mettercelo*...

Quest'elenco potrebbe andare avanti a lungo (dai viaggi mentali al sosia di Steve Jobs, ad una protagonista veramente cagna), ma bastano questi tre dettagli a fare di Fringe essenzialmente un'occasione mancata: l'X-Files del XXI secolo, del decennio di trionfo delle serie televisive, della factory di J.J. Abrams è un prodotto degno di un passaggio su La7.


Perchè guardarlo. Per verificare di persona che ogni tanto anche J.J. Abrams fa le sue belle vaccate.

* Che poi l'indizio che non fossero esattamente dei geni stava proprio lì in alto: "From the writers of Transformers".

2 commenti:

  1. 1) cosa c'entra la dialettica tra Mulder e Scully con il rapporto fra Walter e Bishop? DOve sta scritto che l'uno deve rispecchiare l'altro?
    2) John Noble non sarebbe all'altezza del ruolo??? Ma per favore.
    3) la "definizione del cattivo" è sviluppata in maniera completamente diversa rispetto all'uomo che fuma di x-files. Le serie cambiano con gli anni, e anche i tempi di sviluppo dei personaggi all'interno di esse. Non è detto che i telefilm debbano seguire sempre lo stesso schema.
    4) C'è un motivo ben preciso per il quale tutti i fenomeni accadono in quella città, non è una lacuna di sceneggiatura. Chi ha seguito il telefilm dovrebbe saperlo.

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  2. 1) Non fraintendere quel "dovrebbe": non e' una regola, e' l'intenzione degli sceneggiatori di incastrare il conflitto morale su quella dialettica, ed e' una scelta molto chiara, fin didascalica. Pero' non puo' reggere se uno dei due personaggi sta insieme con lo sputo

    2) Se deve reggere tutta la serie ti serve Anthony Hopkins. O, per restare alle serie, Michael Emerson (aka Benjamin Linus). John Noble ti pare Michael Emerson? Se fosse cosi', ci sarebbe da chiedersi perche' non abbia collezionato non dico il Golden Globe, ma neanche il "me cojoni d'oro"...

    3) Tutte le cospirazioni hanno bisogno di un cattivo: poi puo' essere l'uomo che fuma, Gambadilegno o Satana, ma serve. E dev'essere un personaggione. Quando finalmente arriva il cattivo di Fringe, sembra pescato dagli scarti di una serie degli anni '80.

    4) E' vero che c'e' un motivo ben preciso. Ma quel motivo non e' convincente. Sembra piu' una trovata di sceneggiatura per metterci una pezza, che un elemento funzionale a rendere coinvolgente la storia.

    Piu' in generale, il confronto con X-Files e' inevitabile e ricercato dagli stessi autori: che non significa che Fringe ne debba essere una copia, ma che il genere e le ambizioni sono quelle, e che inevitabilmente con quello ci si confronta.
    E Fringe perde. Parecchio.
    Peccato.

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