lunedì 19 ottobre 2009

#6: I terzisti a prescindere













C'è una frase che da bambino non sopportavo, ed era: "Non mi importa chi ha cominciato, adesso smettetela o vi pigliate entrambi una sberla". Non la sopportavo perché mi sembrava che negasse alla radice qualunque senso di giustizia, e col tempo è diventata una di quelle frasi che "quando avrò dei figli, io non la dirò mai".


Poi capisco che di fronte ai bisticci e ai casini dei bambini si finisca col tirarla fuori (io mai, eh), ma proporre un atteggiamento del genere quando si ha a che fare con degli adulti è francamente inqualificabile. Quando poi quegli adulti si gingillano il destino e la reputazione del nostro Paese, men che meno.

Eppure il Corriere della Sera da anni affida la propria voce ad un tridente di editorialisti che di fronte ad una qualsivoglia questione non trova niente di meglio che reiterare la solita formuletta per cui in media stat virtus.
L'ultimo esemplare di questa fenomenologia dell'equidistanza a prescindere è un editoriale di Panebianco, che rifila etichette di "estremista" e "fazioso" a mezzo mondo, per poi celebrare la figura del "pluralista". (Ovviamente, trattasi di sè stesso e dei suoi compagni di tridente.)
E nel descrivere "il pluralista" tira fuori capolavori di ovvietà come "il mondo è complesso" e "il problema è di impadronirsi di quel poco di "verità" che si riesce ad afferrare". Capolavori del "maddai!" con cui non si può che essere d'accordo.

Resta da vedere se questi tre talenti intellettuali saranno mai in grado di indagare davvero la complessità delle questioni, e trovare una posizione un pò più articolata del "su, da bravi, fate la pace" che rivolgono quotidianamente dalle pagine del più prestigioso giornale italiano.

Se si chiederanno quanto abbia senso mettere sullo stesso piano un Premier che delegittima ogni istituzione di garanzia e condiziona le televisioni più di quanto sia mai stato fatto nell'Italia repubblicana e un'opposizione che ogni tanto fa uno sbadiglio scandalizzato.

E se saranno capaci di andare oltre la stupida contrapposizione democrazia vs regime, come se da una parte ci fosse la Danimarca, dall'altra Myanmar e il nulla in mezzo, o se sapranno riconoscere gli equilibri dei sistemi politici che si spostano ora un pò più in qua, ora un pò più in là. (Va beh, da noi parecchio più in là.)

Perchè se no viene il dubbio che questa grande ambizione di pluralismo e apertura intellettuale non sia altro, che come si chiama...?, ah si, "paraculaggine".

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