Dei tanti disastri intellettuali in cui si e' impigliata la sinistra in questi anni, uno e' particolarmente masochista: in un Paese gia' malato di immobilismo, ha rifiutato sistematicamente di fare delle scelte chiare su alcunche', nel timore di alienare i moderati. I quali sono stati ben felici di votare altri partiti, come Lega, Forza Italia e Italia dei Valori, ma anche UDC, che avevano delle posizioni magari per niente moderate, ma comunque posizioni.
Il "ma anche" di Veltroni si e' limitato a fornire una teorizzazione e una retorica di questa fobia verso qualsiasi straccio di decisione, e nel farlo si e' perso per strada 4 milioni di voti, ma evidentemente questa mentalita' e' ancora ben viva se oggi Michele Salvati, uno dei fondatori del PD, in un'intervista per altri versi ragionevole arriva a dire:
"Insistendo su queste critiche, proclamando una politica della decisione e della nettezza, del "Si-si" "No-no" di evangelica memoria, Marino si stacca nettamente dagli altri due candidati e si avvicina alla posizione dell'Idv di Di Pietro, una permanente tentazione per il Partito Democratico."
Come se ci fosse qualcosa di male nel saper dire un "Si" o un "No".
Come se la politica non consistesse nel prendere decisioni, e il consenso non lo si chiedesse sulla base di scelte e distinzioni nette.
Come se le differenze fra i partiti stessero nella determinazione con cui si perseguono alcuni programmi, e non nei programmi stessi.
Come se non fossero sbagliate le posizioni della Lega, ma fosse sbagliato prendere posizione.
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